Antagonisti riutilizzabili Da avversari minori a nemesi memorabili

Un buon antagonista può crescere, cambiare e tornare. In questo articolo ti racconto come trasformare un avversario occasionale in una figura narrativa ricorrente e significativa.

Marco Bacceli

4/20/20252 min leggere

a man in a dark suit and a giant squid
a man in a dark suit and a giant squid

Antagonisti riutilizzabili

Come trasformare un avversario secondario in una nemesi memorabile

Quando progetto una campagna – o anche una semplice one-shot – uno degli aspetti che curo con più attenzione è l’antagonista. Non perché debba per forza essere il villain principale, ma perché ho imparato che un buon antagonista non va sprecato.

Spesso nasce da un’idea semplice: un mercenario, un nobile arrogante, un mostro con motivazioni oscure. Ma se funziona, se “buca la scena”, allora vale la pena tenerlo in vita (narrativamente parlando).
Perché potrà tornare, crescere, sorprendere.
Ed è lì che inizia il vero gioco.

Da incontro occasionale a filo conduttore

Un antagonista riutilizzabile è un personaggio che torna. Non sempre uguale, ma coerente. Un volto già visto che, quando riappare, riattiva la memoria dei giocatori, le scelte fatte, le colpe non confessate.
E per me è uno degli strumenti più potenti che ho a disposizione come narratore.

Quando funziona bene:

  • collega sessioni distanti tra loro;

  • rende più coesa la trama;

  • diventa quasi un secondo protagonista, speculare al gruppo.

Non ho bisogno che sia presente ogni volta.
Mi basta che agisca nel mondo, anche fuori scena.

Evoluzione e foreshadowing: come costruisco una nemesi

Parto sempre da qualcosa di apparentemente minore: un avversario semplice, una figura ambigua. Ma lasciando dei margini: piccoli dettagli, una frase di troppo, una reazione fuori contesto.

Chiamo questo approccio “foreshadowing artigianale”:
non so ancora se tornerà, ma creo lo spazio narrativo perché possa farlo.

Se poi la storia lo richiede – o i giocatori reagiscono in modo interessante – allora inizio a svilupparlo.
La crescita del personaggio avviene a più livelli:

  • motivazioni: perché si oppone? cosa vuole davvero?

  • cambi di ruolo: da ostacolo a nemesi, da nemesi a figura tragica

  • collegamenti: è legato a un PNG? a un luogo? a una decisione presa?

Quando costruisco un antagonista così, non serve cambiarlo per tenerlo interessante: è lui che cambia, davanti agli occhi del gruppo.

Un esempio ricorrente nel mio modo di giocare

Un mio archetipico preferito è il “tradito”.
Un PNG che il gruppo incontra come alleato o neutrale.
Un personaggio secondario, forse sottovalutato.
Poi, magari per una scelta impulsiva o una missione trascurata, qualcosa si spezza.
E quando riappare, è passato dall’altra parte.
Non sempre come vendicatore diretto. A volte è solo diventato ciò che temeva.

È uno dei modi più semplici per far crescere l’antagonista insieme ai giocatori, e dare alle loro azioni un peso reale.

Impatto sul mondo di gioco: le sue azioni contano

Un buon antagonista non vive solo nelle cutscene. Deve lasciare segni:

  • luoghi distrutti

  • alleanze compromesse

  • PNG che parlano di lui (bene o male)

  • gesti visibili che ne dimostrano la presenza o il potere

Spesso uso il mondo come specchio dell’antagonista.
Se lui cresce, cambia, si espande… il mondo ne porta i segni.
E i giocatori lo capiscono anche senza vederlo.

Non solo nemici: dialogo, empatia, incertezza

Non voglio che i miei antagonisti siano solo da odiare.
Al contrario, mi interessa quando il gruppo è diviso su di lui.
Quando uno dei personaggi lo capisce, o lo ammira.
Quando c’è un dubbio: “e se avessimo fatto lo stesso al suo posto?”

Uso spesso dialoghi, ricordi condivisi, flashback suggeriti.
Non servo risposte: accendo conflitti.
E poi lascio che siano i giocatori a decidere come agire.

Conclusione

Un antagonista riutilizzabile non è solo un cattivo che torna.
È un elemento vivo della trama, che cresce insieme al gruppo, che si adatta, che sorprende.
È uno degli ingredienti che può trasformare una sequenza di sessioni in una campagna coesa e memorabile.

Per questo, quando trovo un buon antagonista, non lo butto mai via.
Lo tengo in un angolo, pronto a tornare quando la storia lo richiederà.
Magari diverso. Ma sempre credibile. E sempre centrale.