Come strutturo una campagna GDR Tempi, strumenti e strategie per creare avventure su misura

Una campagna ben progettata è un ecosistema narrativo in cui i giocatori possono agire, esplorare e trasformare. Ti racconto il mio metodo: dall’idea iniziale alla costruzione di sessioni flessibili.

Marco Bacceli

2/26/20252 min leggere

Come strutturo una campagna GDR

Passo dopo passo, tra pianificazione e improvvisazione

Quando inizio a progettare una campagna di gioco di ruolo, che sia per un gruppo di amici o per una formazione esperienziale, so già che non sarà mai tutto pronto in anticipo.
E va bene così.

La mia idea di campagna non è una storia rigida da raccontare, ma un ambiente da abitare insieme. Per questo, la fase iniziale per me non è una scaletta: è un set di strumenti, materiali e intenzioni.

📍 Prima di tutto: perché stiamo giocando?

Ogni mia campagna parte da una domanda:
Qual è l’obiettivo?
A volte è narrativo: raccontare una saga epica, vivere un’avventura che lasci il segno.
Altre volte è formativo: esplorare le dinamiche di gruppo, lavorare sulla comunicazione, stimolare il problem solving.

Definire questo obiettivo mi permette di scegliere tutto il resto: tono, durata, materiali, regole.
Lo faccio ogni volta, anche nei progetti brevi o “giocati per gioco”.

🌍 Costruire un mondo credibile (ma non infinito)

Mi piace creare ambientazioni dettagliate, ma non costruisco mai tutto prima.
All’inizio preparo una struttura solida:

  • una geografia sintetica ma riconoscibile;

  • due o tre luoghi cardine;

  • una cultura con valori chiari (per generare conflitti);

  • alcune date o eventi storici da cui partire.

Poi lascio spazio ai personaggi.
Sarà il gruppo a far crescere il mondo, un’interazione alla volta.
Spesso uso oggetti simbolici per rappresentare luoghi, fazioni o eventi — alcuni li realizzo nel mio laboratorio, altri li creo al volo durante le sessioni.

🧑‍🤝‍🧑 I personaggi al centro della storia

Un buon inizio di campagna ha personaggi chiave forti.
Nel mio setup iniziale preparo sempre:

  • un protagonista "ombra", da far emergere gradualmente;

  • un antagonista con motivazioni credibili;

  • almeno una figura neutra ma ambigua, che il gruppo dovrà interpretare.

Non scrivo tutto: lascio spazi aperti, zone grigie, misteri che nemmeno io conosco.
Mi piace sorprendermi mentre gioco.

🧩 Sessioni modulari e flessibili

Ogni sessione è una tappa. E ogni tappa deve essere adattabile.
Non so mai con certezza dove andranno i giocatori, ma preparo sempre:

  • uno scenario principale ben definito;

  • due eventi pronti per essere inseriti in qualsiasi momento;

  • una mappa mentale dei “nodi” narrativi che vorrei raggiungere.

Improvviso molto.
Ma non improvviso a caso: preparo margini, più che contenuti.
E tengo sempre in mente le ultime 48 ore di tempo in gioco: il periodo che di solito ha il peso narrativo più forte, e che va costruito con attenzione.

🔄 Monitoraggio continuo (senza burnout)

Ogni campagna lunga ha bisogno di un minimo di manutenzione.
Io la faccio in modo leggero, ma costante.
Dopo ogni sessione, mi prendo 10 minuti per:

  • aggiornare le mappe mentali;

  • segnarmi scelte inaspettate fatte dal gruppo;

  • appuntare domande aperte o spunti emersi in gioco.

Queste note diventano il mio “tessuto narrativo vivo”.

E, ogni 3-4 sessioni, chiedo feedback.
Bastano tre domande:

  • Cosa ti ha coinvolto di più?

  • Cosa hai fatto fatica a capire o seguire?

  • Dove vorresti andare con il tuo personaggio?

Sono preziosissime. Anche nei contesti aziendali.

📚 Non tutto va pianificato. Ma qualcosa sì.

Se c’è una cosa che ho imparato progettando campagne (e anche giochi da tavolo), è che la struttura ti salva, ma l’improvvisazione ti fa brillare.
Serve un equilibrio.
Quello che propongo io è:

  • Pianifica il necessario.

  • Improvvisa con criterio.

  • Adatta con gioia.

È così che una campagna può durare settimane, mesi, a volte anni, senza esaurirsi.
Perché cresce insieme a chi la gioca.