Come strutturo una campagna GDR Tempi, strumenti e strategie per creare avventure su misura
Una campagna ben progettata è un ecosistema narrativo in cui i giocatori possono agire, esplorare e trasformare. Ti racconto il mio metodo: dall’idea iniziale alla costruzione di sessioni flessibili.


Come strutturo una campagna GDR
Passo dopo passo, tra pianificazione e improvvisazione
Quando inizio a progettare una campagna di gioco di ruolo, che sia per un gruppo di amici o per una formazione esperienziale, so già che non sarà mai tutto pronto in anticipo.
E va bene così.
La mia idea di campagna non è una storia rigida da raccontare, ma un ambiente da abitare insieme. Per questo, la fase iniziale per me non è una scaletta: è un set di strumenti, materiali e intenzioni.
📍 Prima di tutto: perché stiamo giocando?
Ogni mia campagna parte da una domanda:
Qual è l’obiettivo?
A volte è narrativo: raccontare una saga epica, vivere un’avventura che lasci il segno.
Altre volte è formativo: esplorare le dinamiche di gruppo, lavorare sulla comunicazione, stimolare il problem solving.
Definire questo obiettivo mi permette di scegliere tutto il resto: tono, durata, materiali, regole.
Lo faccio ogni volta, anche nei progetti brevi o “giocati per gioco”.
🌍 Costruire un mondo credibile (ma non infinito)
Mi piace creare ambientazioni dettagliate, ma non costruisco mai tutto prima.
All’inizio preparo una struttura solida:
una geografia sintetica ma riconoscibile;
due o tre luoghi cardine;
una cultura con valori chiari (per generare conflitti);
alcune date o eventi storici da cui partire.
Poi lascio spazio ai personaggi.
Sarà il gruppo a far crescere il mondo, un’interazione alla volta.
Spesso uso oggetti simbolici per rappresentare luoghi, fazioni o eventi — alcuni li realizzo nel mio laboratorio, altri li creo al volo durante le sessioni.
🧑🤝🧑 I personaggi al centro della storia
Un buon inizio di campagna ha personaggi chiave forti.
Nel mio setup iniziale preparo sempre:
un protagonista "ombra", da far emergere gradualmente;
un antagonista con motivazioni credibili;
almeno una figura neutra ma ambigua, che il gruppo dovrà interpretare.
Non scrivo tutto: lascio spazi aperti, zone grigie, misteri che nemmeno io conosco.
Mi piace sorprendermi mentre gioco.
🧩 Sessioni modulari e flessibili
Ogni sessione è una tappa. E ogni tappa deve essere adattabile.
Non so mai con certezza dove andranno i giocatori, ma preparo sempre:
uno scenario principale ben definito;
due eventi pronti per essere inseriti in qualsiasi momento;
una mappa mentale dei “nodi” narrativi che vorrei raggiungere.
Improvviso molto.
Ma non improvviso a caso: preparo margini, più che contenuti.
E tengo sempre in mente le ultime 48 ore di tempo in gioco: il periodo che di solito ha il peso narrativo più forte, e che va costruito con attenzione.
🔄 Monitoraggio continuo (senza burnout)
Ogni campagna lunga ha bisogno di un minimo di manutenzione.
Io la faccio in modo leggero, ma costante.
Dopo ogni sessione, mi prendo 10 minuti per:
aggiornare le mappe mentali;
segnarmi scelte inaspettate fatte dal gruppo;
appuntare domande aperte o spunti emersi in gioco.
Queste note diventano il mio “tessuto narrativo vivo”.
E, ogni 3-4 sessioni, chiedo feedback.
Bastano tre domande:
Cosa ti ha coinvolto di più?
Cosa hai fatto fatica a capire o seguire?
Dove vorresti andare con il tuo personaggio?
Sono preziosissime. Anche nei contesti aziendali.
📚 Non tutto va pianificato. Ma qualcosa sì.
Se c’è una cosa che ho imparato progettando campagne (e anche giochi da tavolo), è che la struttura ti salva, ma l’improvvisazione ti fa brillare.
Serve un equilibrio.
Quello che propongo io è:
Pianifica il necessario.
Improvvisa con criterio.
Adatta con gioia.
È così che una campagna può durare settimane, mesi, a volte anni, senza esaurirsi.
Perché cresce insieme a chi la gioca.


