GDR e Educazione Imparare giocando è possibile — se il gioco è fatto bene
Il gioco di ruolo non è solo un passatempo: può diventare uno strumento potente per far emergere creatività, competenze relazionali e contenuti didattici in modo esperienziale.
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GDR e Educazione
Cosa succede quando si impara giocando (davvero)?
Da anni uso il gioco come strumento formativo.
Non solo giochi astratti o meccaniche educative travestite da svago, ma vere e proprie esperienze di ruolo pensate per far vivere ai partecipanti una storia, un mondo, una sfida.
Il gioco di ruolo (o GDR) è uno degli strumenti più potenti che ho sperimentato in contesti educativi. Perché combina immaginazione, relazione, struttura e libertà — quattro ingredienti che, quando dosati bene, rendono l’apprendimento qualcosa che accade davvero.
Cos’è un GDR? (e perché funziona)
Un GDR è un gioco in cui i partecipanti interpretano personaggi all’interno di una storia condivisa. C’è un narratore (o master) che guida la scena, ma sono i giocatori a decidere come muoversi nel mondo, come agire, cosa dire, che rischi correre.
Non si vince. Si esplora. Si cambia. Si cresce.
Dal punto di vista educativo, il GDR funziona perché:
coinvolge attivamente tutti i partecipanti;
mette in gioco competenze cognitive, sociali e relazionali;
trasforma contenuti teorici in esperienze vissute.
Perché usare il GDR a scuola (o in un laboratorio formativo)?
Ogni volta che ho portato un gioco di ruolo in una classe o in un’attività di gruppo, ho visto emergere cose che con una lezione frontale non sarebbero mai successe:
ragazzi timidi che prendevano iniziativa, gruppi che imparavano a discutere per decidere, persone che cominciavano a farsi domande vere sul contesto che stavano vivendo.
Il GDR non è una scorciatoia: richiede progettazione, attenzione, regole chiare. Ma quando funziona, funziona a meraviglia.
Tra i benefici che ho osservato più spesso:
Stimolo alla creatività: inventare un personaggio, pensare fuori dagli schemi, cercare soluzioni alternative.
Apprendimento implicito: storia, scienze, geografia, cittadinanza… quando sono dentro alla narrazione, i contenuti non sembrano più un capitolo da studiare.
Competenze trasversali: ascolto, negoziazione, empatia, leadership, gestione del conflitto.
Qualche esempio concreto
Nei miei percorsi ho usato il GDR per:
esplorare temi come l’inclusione, la memoria storica, la gestione del potere;
simulare scenari decisionali aziendali;
aiutare gruppi scolastici a capirsi meglio attraverso il gioco;
trasformare laboratori sull’orientamento in viaggi narrativi.
A volte bastano una manciata di carte, una mappa fatta al laser, qualche simbolo e una cornice narrativa. Altre volte uso veri e propri sistemi di gioco scritti ad hoc, con personaggi, regole e materiali personalizzati.
Come progettare un GDR educativo
Non serve partire con un manuale da 300 pagine.
Quello che serve è un obiettivo chiaro, una struttura leggera, e uno spazio per lasciar fluire l’imprevisto.
Ecco alcuni punti che seguo sempre:
Adattare il gioco al gruppo
Età, contesto, tempi disponibili. Un GDR per bambini delle elementari è diverso da uno per formatori aziendali. Sempre.Definire un obiettivo educativo
Cosa voglio che emerga? Cosa voglio far sperimentare? A volte è un tema, a volte è una dinamica di gruppo.Lasciare che siano i giocatori a “scoprire”
Il gioco funziona quando non spiego tutto all’inizio, ma lascio che le cose si svelino giocando.Prevedere una fase di debriefing
Non basta giocare. Serve uno spazio per rielaborare, condividere, connettere.
È lì che avviene la vera trasformazione.
Il valore simbolico degli oggetti
Nel mio laboratorio creo spesso materiali fisici che aiutano il gioco:
carte, segnalini, oggetti simbolici.
A volte basta un amuleto inciso, una plancia in legno o una chiave misteriosa per trasformare una storia in qualcosa di tangibile, ricordabile, potente.
Quando un partecipante tiene in mano qualcosa, lo guarda, lo usa… quello diventa reale. E la memoria dell’esperienza resta attaccata a quel gesto, a quel pezzo di mondo.
In conclusione: il GDR come spazio sicuro per imparare
Un GDR ben progettato può diventare un ambiente di apprendimento protetto ma intenso, dove si può sbagliare senza giudizio, dove si può provare a essere altro, dove si può ascoltare e farsi ascoltare.
Nel mio lavoro, continuo a usarlo perché funziona.
Perché riesce a far emergere competenze, emozioni e intuizioni che altri strumenti spesso non attivano.
E soprattutto perché i partecipanti si divertono davvero — e quando ci si diverte, si impara meglio.




