GDR e Educazione Imparare giocando è possibile — se il gioco è fatto bene

Il gioco di ruolo non è solo un passatempo: può diventare uno strumento potente per far emergere creatività, competenze relazionali e contenuti didattici in modo esperienziale.

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Marco Bacceli

6/10/20252 min leggere

GDR e Educazione

Cosa succede quando si impara giocando (davvero)?

Da anni uso il gioco come strumento formativo.
Non solo giochi astratti o meccaniche educative travestite da svago, ma vere e proprie esperienze di ruolo pensate per far vivere ai partecipanti una storia, un mondo, una sfida.

Il gioco di ruolo (o GDR) è uno degli strumenti più potenti che ho sperimentato in contesti educativi. Perché combina immaginazione, relazione, struttura e libertà — quattro ingredienti che, quando dosati bene, rendono l’apprendimento qualcosa che accade davvero.

Cos’è un GDR? (e perché funziona)

Un GDR è un gioco in cui i partecipanti interpretano personaggi all’interno di una storia condivisa. C’è un narratore (o master) che guida la scena, ma sono i giocatori a decidere come muoversi nel mondo, come agire, cosa dire, che rischi correre.
Non si vince. Si esplora. Si cambia. Si cresce.

Dal punto di vista educativo, il GDR funziona perché:

  • coinvolge attivamente tutti i partecipanti;

  • mette in gioco competenze cognitive, sociali e relazionali;

  • trasforma contenuti teorici in esperienze vissute.

Perché usare il GDR a scuola (o in un laboratorio formativo)?

Ogni volta che ho portato un gioco di ruolo in una classe o in un’attività di gruppo, ho visto emergere cose che con una lezione frontale non sarebbero mai successe:
ragazzi timidi che prendevano iniziativa, gruppi che imparavano a discutere per decidere, persone che cominciavano a farsi domande vere sul contesto che stavano vivendo.

Il GDR non è una scorciatoia: richiede progettazione, attenzione, regole chiare. Ma quando funziona, funziona a meraviglia.

Tra i benefici che ho osservato più spesso:

  • Stimolo alla creatività: inventare un personaggio, pensare fuori dagli schemi, cercare soluzioni alternative.

  • Apprendimento implicito: storia, scienze, geografia, cittadinanza… quando sono dentro alla narrazione, i contenuti non sembrano più un capitolo da studiare.

  • Competenze trasversali: ascolto, negoziazione, empatia, leadership, gestione del conflitto.

Qualche esempio concreto

Nei miei percorsi ho usato il GDR per:

  • esplorare temi come l’inclusione, la memoria storica, la gestione del potere;

  • simulare scenari decisionali aziendali;

  • aiutare gruppi scolastici a capirsi meglio attraverso il gioco;

  • trasformare laboratori sull’orientamento in viaggi narrativi.

A volte bastano una manciata di carte, una mappa fatta al laser, qualche simbolo e una cornice narrativa. Altre volte uso veri e propri sistemi di gioco scritti ad hoc, con personaggi, regole e materiali personalizzati.

Come progettare un GDR educativo

Non serve partire con un manuale da 300 pagine.
Quello che serve è un obiettivo chiaro, una struttura leggera, e uno spazio per lasciar fluire l’imprevisto.

Ecco alcuni punti che seguo sempre:

  1. Adattare il gioco al gruppo
    Età, contesto, tempi disponibili. Un GDR per bambini delle elementari è diverso da uno per formatori aziendali. Sempre.

  2. Definire un obiettivo educativo
    Cosa voglio che emerga? Cosa voglio far sperimentare? A volte è un tema, a volte è una dinamica di gruppo.

  3. Lasciare che siano i giocatori a “scoprire”
    Il gioco funziona quando non spiego tutto all’inizio, ma lascio che le cose si svelino giocando.

  4. Prevedere una fase di debriefing
    Non basta giocare. Serve uno spazio per rielaborare, condividere, connettere.
    È lì che avviene la vera trasformazione.

Il valore simbolico degli oggetti

Nel mio laboratorio creo spesso materiali fisici che aiutano il gioco:
carte, segnalini, oggetti simbolici.
A volte basta un amuleto inciso, una plancia in legno o una chiave misteriosa per trasformare una storia in qualcosa di tangibile, ricordabile, potente.

Quando un partecipante tiene in mano qualcosa, lo guarda, lo usa… quello diventa reale. E la memoria dell’esperienza resta attaccata a quel gesto, a quel pezzo di mondo.

In conclusione: il GDR come spazio sicuro per imparare

Un GDR ben progettato può diventare un ambiente di apprendimento protetto ma intenso, dove si può sbagliare senza giudizio, dove si può provare a essere altro, dove si può ascoltare e farsi ascoltare.

Nel mio lavoro, continuo a usarlo perché funziona.
Perché riesce a far emergere competenze, emozioni e intuizioni che altri strumenti spesso non attivano.

E soprattutto perché i partecipanti si divertono davvero — e quando ci si diverte, si impara meglio.

a group of people sitting around a table with a octopus
a group of people sitting around a table with a octopus